L’IMPATTO DELLA CHIUSURA DELLO STRETTO DI HORMUZ SULL’EXPORT ITALIANO: UNO SCENARIO PREOCCUPANTE!
La crescente instabilità geopolitica nel Medio Oriente riporta sotto i riflettori una delle minacce più temute per l’economia globale: la possibile chiusura dello Stretto di Hormuz.
Questo passaggio marittimo, largo appena 39 chilometri nel suo punto più stretto, è una vera e propria arteria vitale del commercio mondiale.
Oltre il 20% del greggio globale e una quota significativa di gas naturale liquefatto (GNL) transitano ogni giorno attraverso questo corridoio, rendendolo strategicamente cruciale per l’approvvigionamento energetico e il flusso di merci da e verso l’Asia e il Medio Oriente.
Per un Paese come l’Italia, fortemente integrato nei flussi commerciali globali e dipendente dalle importazioni energetiche, un’interruzione del traffico nello Stretto avrebbe effetti sistemici, con conseguenze economiche estese, non solo sul piano energetico ma anche sull’intero comparto export-oriented.
Dipendenza Energetica e Impatti Sistemici
L’Italia è uno dei Paesi europei con il più alto tasso di dipendenza energetica dall’estero, pari al 75% nel 2023 (fonte: Istat-Eurostat).
Una parte importante delle forniture di petrolio e gas proviene direttamente o indirettamente da paesi del Golfo, tra cui Arabia Saudita, Emirati Arabi, Iraq e Qatar. Anche se parte degli approvvigionamenti italiani non attraversa direttamente lo Stretto di Hormuz, una sua chiusura avrebbe un effetto domino sui prezzi globali dell’energia, incidendo in maniera severa sui costi per famiglie e imprese italiane.
Le ripercussioni sarebbero molteplici:
- Esplosione dei costi energetici: l’industria italiana, già sotto pressione per l’alto costo dell’energia rispetto ad altri competitor UE, si troverebbe in difficoltà ancora maggiori. I settori energivori come siderurgia, ceramica, vetro, carta e alimentare vedrebbero erosi i propri margini operativi.
- Inflazione a catena: l’aumento dei costi energetici si rifletterebbe rapidamente sui prezzi al consumo, con conseguente perdita di potere d’acquisto delle famiglie e rischio di recessione tecnica.
- Shock logistico: l’aumento dei costi di bunkeraggio e l’allungamento delle rotte alternative inciderebbero anche sulle filiere logistiche, con effetti a cascata su tempi, costi e affidabilità delle consegne.
Impatto sulle Rotte Commerciali: L’Italia e l’Asia
La chiusura dello Stretto implicherebbe la necessità di deviare le rotte marittime che collegano il Mediterraneo ai mercati asiatici, costringendo le navi a circumnavigare l’Africa passando per il Capo di Buona Speranza. Questo significherebbe:
- un allungamento dei tempi di transito di 2-4 settimane a seconda delle destinazioni;
- costi aggiuntivi stimati tra il 25% e il 70% per i trasporti containerizzati a lunga percorrenza;
- congestione dei porti alternativi e maggiore instabilità delle supply chain globali.
Per l’Italia, la cui economia è fortemente basata sulle esportazioni, i danni sarebbero ingenti. Secondo i dati Istat, l’export italiano ha superato nel 2023 i 620 miliardi di euro, con una quota crescente destinata ai mercati asiatici. Settori chiave subirebbero le conseguenze più gravi:
- Meccanica strumentale
Punto di forza del “Made in Italy industriale”, vale oltre 50 miliardi di euro annui. Le esportazioni verso Cina, India, Corea e Giappone rappresentano una componente essenziale della domanda. Ritardi di consegna e aumento dei costi potrebbero comportare cancellazioni di ordini e perdita di competitività rispetto ai produttori locali o di altri Paesi.
- Moda e lusso
Con oltre 70 miliardi di euro di esportazioni (dato aggregato del sistema moda e beni di lusso), il comparto si rivolge in modo massiccio ai mercati asiatici, soprattutto Cina, Corea, Giappone e gli Emirati Arabi. I beni di lusso richiedono tempi certi e veloci, e l’impatto della crisi logistica potrebbe essere devastante anche in termini di immagine.

- Agroalimentare
Nel 2023 ha superato i 60 miliardi di euro di export. Olio d’oliva, vino, pasta, formaggi e conserve sono molto richiesti in Asia, ma soggetti a scadenze e vulnerabilità logistiche. Una circumnavigazione dell’Africa potrebbe compromettere la qualità del prodotto e generare insoddisfazione nei canali retail e HoReCa.
- Arredamento e design
Con un export che si aggira intorno ai 20 miliardi di euro, il comparto è fortemente orientato verso il mondo asiatico. Le spedizioni di arredamento, spesso voluminose e complesse da gestire, subirebbero forti rincari e ritardi.
I Porti Italiani e la Fragilità delle Infrastrutture
Il sistema portuale italiano (Genova, Trieste, La Spezia, Livorno, Gioia Tauro, Napoli) rappresenta la porta principale del Paese verso i mercati internazionali. Oltre l’85% del commercio estero italiano avviene via mare. Una crisi che colpisce le rotte principali comporterebbe:
- rallentamenti nel traffico marittimo e congestione nei porti alternativi (es. Tangeri, Rotterdam);
- carico extra sulle infrastrutture ferroviarie e intermodali, che non sempre sono adeguate a compensare uno shock di tale entità;
- pressione sui costi logistici interni, con conseguente riduzione della competitività del “sistema Italia”.
Strategie di Mitigazione: Cosa Può Fare l’Italia
La crisi potenziale dello Stretto di Hormuz, sebbene ipotetica, deve essere considerata come un rischio reale nella pianificazione economica e strategica. Alcune azioni chiave che l’Italia dovrebbe attuare includono:
- Diversificazione delle fonti energetiche, accelerando gli investimenti in rinnovabili, rigassificatori e accordi con fornitori alternativi al Golfo (es. Algeria, Norvegia, USA).
- Potenziamento del trasporto intermodale euroasiatico via ferrovia (es. Corridoio Cina-Europa attraverso Kazakistan, Russia, Polonia), sfruttando i nuovi terminal interni e le connessioni doganali digitalizzate.
- Rafforzamento degli accordi commerciali bilaterali e multilaterali per minimizzare le barriere non tariffarie e favorire l’accesso facilitato ai mercati asiatici anche in situazioni di crisi logistica.
- Digitalizzazione della supply chain, per aumentare la reattività e la visibilità lungo le filiere produttive e logistiche.
Conclusione: Prepararsi allo Scenario, Non Solo Temerlo
La chiusura dello Stretto di Hormuz rappresenterebbe uno shock asimmetrico per l’Italia, colpendo duramente i suoi pilastri economici: energia e export.
Non possiamo prevedere con certezza se o quando tale scenario si realizzerà, ma possiamo affermare con sicurezza che non esistono più “crisi lontane” in un mondo globalizzato.
L’Italia, da sempre capace di adattarsi con creatività e resilienza, deve ora trasformare la consapevolezza del rischio in una strategia di lungo termine, orientata alla diversificazione, all’innovazione logistica e al rafforzamento del proprio ruolo nei corridoi globali alternativi.
Solo così sarà possibile preservare la competitività del nostro export e proteggere l’economia nazionale da shock esterni sempre più frequenti.