IL RITORNO DEL “MADE IN ITALY” IN RUSSIA NONOSTANTE LE SANZIONI!
Dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, l’Unione Europea ha imposto severe sanzioni alla Russia, bloccando l’export diretto di molti beni, in particolare quelli di lusso, tecnologici e a duplice uso.
Tuttavia, il “Made in Italy” continua a trovare canali di sbocco verso il mercato russo grazie a un meccanismo ben rodato di triangolazione commerciale che coinvolge Paesi terzi come Kazakistan, Armenia, Kirghizistan, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Serbia.
Come funziona la triangolazione?
Le aziende italiane, o più frequentemente intermediari commerciali, esportano legalmente i propri prodotti verso Paesi “neutrali”, ovvero non soggetti alle sanzioni europee. Da lì, le merci vengono riesportate verso la Russia, spesso con documentazione doganale modificata o etichette di origine diverse, rendendo difficile tracciare il reale percorso.
I numeri della triangolazione
L’ISTAT e altre fonti segnalano dati anomali nell’export italiano verso alcuni Paesi ex sovietici:
- Armenia: +1.200% nel 2023
- Kazakistan: +450%
- Kirghizistan: +850% tra il 2021 e il 2023
- Esportazioni di armi leggere verso l’Armenia: +1.133%
È evidente che tali Paesi non possiedono una domanda interna sufficiente a giustificare questi numeri, suggerendo un uso crescente di questi mercati come hub di transito verso la Russia.
Settori e prodotti coinvolti
I principali prodotti italiani esportati indirettamente in Russia, utilizzando Kazakistan e Armenia come Paesi di transito, coprono una vasta gamma di settori:
- Prodotti di lusso e cosmetici: Tra i più esportati tramite triangolazioni, grazie all’elevata domanda da parte dell’élite russa. Brand italiani come Gucci, Prada, Acqua di Parma trovano ancora accesso al mercato russo attraverso questi canali.
- Armi leggere: L’export verso Armenia e Kirghizistan è aumentato del +1.133% tra il 2021 e il 2023. Pistole e fucili italiani sono tra i prodotti più monitorati per l’alto rischio di riesportazione.
- Macchinari e apparecchiature: Solo verso il Kazakistan, il valore ha superato i 325 milioni di euro nel 2024, suggerendo un potenziale reindirizzamento verso il mercato russo, dove la domanda di tecnologie industriali resta alta.
- Articoli di abbigliamento e pelle: Nel 2024, l’export italiano verso il Kazakistan include oltre 136 milioni di euro in capi di abbigliamento e 53 milioni in articoli in pelle, settori tipici del “Made in Italy” di fascia alta, facilmente riesportabili.
- Prodotti alimentari e bevande: Nonostante l’embargo russo, prodotti come olio d’oliva (+107%) e vino (+75%) hanno registrato aumenti significativi, segnalando la prosecuzione delle vendite via Paesi terzi.
- Veicoli e mezzi di trasporto: L’Armenia è passata da esportare 800.000 dollari a 180 milioni di dollari in veicoli verso la Russia in un solo anno, spesso includendo auto e componentistica italiana.
- Prodotti chimici, farmaceutici e metallurgia: Settori chiave anche nell’export verso Kazakistan e Armenia, con valori consistenti che supportano la teoria del transito verso la Russia.

Perché la Russia cerca ancora il Made in Italy?
- Status symbol: Il lusso italiano resta imprescindibile per l’élite russa.
- Assenza di alternative: I marchi locali o cinesi non offrono lo stesso prestigio.
- Mercato grigio preesistente: Già prima della guerra, il 30% dei beni di lusso in Russia proveniva da canali non ufficiali.
Strategia parallela: “Made WITH Italy”
Oltre alle triangolazioni, alcune aziende italiane hanno scelto la localizzazione produttiva in Russia, attraverso filiali o joint venture. Questo consente loro di continuare a operare nel Paese pur rispettando formalmente le restrizioni europee. La strategia “Made WITH Italy” mantiene viva la presenza industriale italiana, pur sollevando questioni etiche e reputazionali.
Aspetti normativi e rischi
Dal dicembre 2023, l’UE ha introdotto una clausola “No Russia”, che vieta la riesportazione verso la Russia anche tramite Paesi terzi. Tuttavia, il controllo sull’effettiva applicazione della norma è complicato. Le aziende coinvolte rischiano:
- sanzioni economiche
- danni reputazionali
- esclusione da finanziamenti o bandi pubblici
Molti operatori internazionali, intervistati da testate come il Financial Times, confermano che “tutti sanno cosa succede, ma fingono di non vedere”.
Conclusione
Il “Made in Italy” continua a penetrare il mercato russo nonostante le sanzioni, alimentato dalla domanda per beni di lusso, cosmetici, macchinari e prodotti agroalimentari italiani.
Tra triangolazioni, filiere opache e localizzazione produttiva, le aziende riescono ancora a generare circa 4,65 miliardi di dollari l’anno dal mercato russo.
Una strategia redditizia ma sempre più sotto osservazione da parte delle autorità europee, in un contesto geopolitico che richiede trasparenza, responsabilità e scelte strategiche.